Abbiamo constatato che, nella vita pratica dell’Accademia, tre sono i momenti fondamentali, dopo l’atto della fondazione agli albori dell’800. Rivediamoli.
- Ricostituzione, nel secondo dopoguerra, dopo la forzosa incorporazione nella pur prestigiosa Accademia d’Italia.
- La revisione (e reiscrizione dello Statuto Prof. Avv. Principe Mario Angelo Comneno del 1978) che registrò il potenziamento nella nuova Istituzione della Unione della Legion d’Oro, costituita già nel 1954.
- Quello dell’attuale rilancio (che definiremo per la felice concomitanza del Giubileo, al finire del secondo millennio, e in vista dell’inizio del 3° della Cristianità, cardine della nostra cultura) con l’imprescindibile adeguamento sia strutturale che tecnologico.
Tre stadi, dunque; tre momenti fondamentali.
Per motivi contingenti l’ultimo di essi è certamente il più importante, perché addita l’atto del muovere verso la dimensione di un nuovo millennio, in cui le tecniche della comunicazione risulteranno non soltanto rivoluzionate, ma raggiungeranno certamente sistemi e possibilità inimmaginabili allo stato attuale delle conoscenze.
In questo ambito, dove collocare la funzione di un’Accademia; o per meglio dire, è da ritenersi essa, ancora attuale? La risposta non può non essere affermativa, dal momento che un’Accademia di per sè è un’enciclopedia vivente, un condensato di esperienze, le più varie; e un metodico e continuo conferimento di conoscenze ed esperienze, un concentrato di intelligenze e talenti. In sostanza essa ha un valore costante, che si colloca tra la Scuola in senso lato e un “complesso museale” inteso come “datore” di conoscenza, e come testimonianza tesa a sfidare quella grande machina che è il Tempo. Oltretutto, nella movimentazione quotidiana essa è tutt’altro che una cosa statica, quanto, piuttosto, un accumulatore delle parti dell’ingegno, comunque concepiti e sviluppati, dove le idee vengono non soltanto depositate, ma trasfuse e, ovviamente per settori, rilanciate a sempre maggiore conoscenza.
Non a caso un postulato fondamentale dell’ormai onnipotente pubblicità recita “Fai bene quello che fai e fallo sapere”. La spiegazione potrà apparire, se si vuole, un po’ pedestre, ma c’è: perché anche il più divino dei poemi, se lasciato chiuso in un cassetto, resta pur sempre una cosa inerte e forse “inutile”.
Eppoi l’Accademia considerata come luogo di seppur “cadenzati” incontri. Vi si può in certe occasioni “trovare” trattamento “alla pari”… la celebrità del bel canto, o il Premio Nobel, o una qualunque altra personalità che fa comunque piacere incontrare. Nei suoi… meandri si aggirarono un giorno non troppo lontano, un Gioacchino Rossini, un Vincenzo Bellini, un Guglielmo Marconi …
L’Accademia, insomma, può essere tutto questo; un luogo di travaso del sapere, dal valore talvolta… osmotico.
Deve dunque ritenersi “istituzione superata”? Ma quale autorità del pensiero darebbe mai una risposta affermativa?
Tuttavia una cosa si gradirebbe qui sapere: quando i competenti organi dello Stato si risolveranno a conferire il pieno riconoscimento giuridico a questo tipo di enti, consacrati al sapere e non aventi il benché minimo fine di lucro, essendo mossi e rivolti al solo spirito “di servizio” a favore della cultura e quindi della Comunità intera.