Se Papa Wojtila – nostro amato Pontefice – di cui sono ben note le tendenze “cosmopolite”, avesse trascorso gli anni della sua formazione culturale in Roma, per la sua indubbia natura d’artista di cui, in varie forme, ha dato valida prova, sarebbe stato sicuramente, come lo furono diversi suoi Predecessori, “Tiberino”. E questo perché Giovanni Paolo ii è un “creativo” nella piena accezione del termine — e non è piaggeria questa nostra —dal momento che non ha disdegnato di mostrarsi letterato e poeta; e pure nel canto, anche quello profano, intendiamo, che, se ispirato resta pur sempre un omaggio al Creatore, questo nostro Papa, dotato già dalla natura di una gradevole voce, si è dimostrato negli anni suoi migliori colto e garbato cultore, il che ha sicuramente giovato alla sua freschezza di spirito e al solidissimo suo carisma di uomo.
Sensibile inoltre ad una certa rappresentazione scenica e all’arte coreografica, allorché quest’arte induce una movimentazione di masse, l’autore Karol Wojtila ha mostrato di avvertire in modo trascinante anche il richiamo del teatro, nella consapevolezza che anche questa branca artistica può influenzare positivamente i moti dell’animo e quindi ispirare i comportamenti di vita.
Sarebbe stato insomma, ci piace ribadire, questo nostro amato Pontefice, sicuramente un “Tiberino” da porsi, come artista, accanto a nomi celebrati e consacrati ormai a sicura gloria, quali quelli che l’accademia può enumerare — e copiosa-mente — tra i suoi ranghi.

Ma la sorte l’ha voluto anzitutto Papa, Guida e Capo, e la totale adesione al supremo mandato l’ha elevato ben al di sopra dei più celebrati talenti.
E tuttavia, ai piedi del Soglio, della Tiara e del Pastorale, l’uomo Wojtila ha deposto la natura sua di artista della parola, che si riverbera spesso nella coerenza della Liturgia.
Per questo l’Accademia della romanità si lusinga di poterlo immaginare Tiberino elettivo.