Compositore (Catania, 1801 — Puteaux, Francia, 1835).

Figlio d’arte anch’egli come Rossini, (il padre era maestro di cembalo e organista e gli insegnò i primi rudimenti dell’arte dei suoni) mostrò , fin dagli anni della fanciullezza, grande inclinazione per la musica, tanto da meritare dai duchi di Sammartino e da altri nobili catanesi, un assegno per completare gli studi a Napoli, dove ebbe maestri illustri (Fumo, Conti, Tritto e N. Zingarelli, direttore del Conservatorio).

Il giovane Bellini mostrò subito di prediligere autori come Haydn, l’effervescente Mozart e il giocoso Paisiello, ma fu attratto soprattutto da Pergolesi per una sorta di identità sia di stile che di sensibilità; e si mostrò recettivo anche dello spumeggiante genio rossiniano (e ne sarà ricambiato con una sorta di protezione) allorché poté ascoltare e vedere al “San Carlo” una riuscita edizione della “Semiramide”.

Il giovane maestro non tardò a cimentarsi a sua volta nella composizione e mostrò presto di che pasta fosse con la romanza “Dolente immagine di Fille mia”, cui seguirono un’aria, una sinfonia, due messe, salmi e una cantata: “Ismene”. Rincuorato dal successo ottenuto con queste prove, affrontò le scene con l’opera “Adelson e Salvini” (1825:aveva, cioè 24 anni). A questa fece seguito “Bianca e Fernando” (1826) che ebbe un vivissimo successo. Ormai conosciuto e apprezzato, Bellini ebbe la commissione di musicare per la Scala di Milano “Il pirata” (1827) ove seppe affermare la sua delicata e idillica vena piena di sentimento, in tutta aderenza al testo poetico di Felice Romani, il poeta che poi scriverà i libretti delle sue opere, esclusi “I puritani”, opera di C. Pepoli.

Sempre per la Scala compose quindi “La straniera” (che data 1829) la quale segnò per il musicista un successo clamoroso. Nello stesso 1829 compose inoltre “Zaira”, che però cadde; ma egli si rifece subito, l’anno successivo, con “I Capuleti e i Montecchi”, scritto per la Fenice di Venezia.

Maturava intanto, con l’affinamento dell’estro, quell’autentico capolavoro che è“La sormambula”, (scritto in appena 40 giorni) rappresentato al “Carcano” di Milano nel 1831; e nel medesimo anno Bellini sbalordì superando se stesso con l’immortale “Norma”; e di nuovo sorprese poco dopo con “I puritani”, data al Teatro degli Italiani di Parigi.

Re Luigi Filippo, nell’occasione, gli conferì la Legion d’Onore, onorificenza, che, per regale designazione, gli fu presentata dall’ormai consacrato Gioacchino Rossini.
Il maestro mori improvvisamente a 34 anni per la recludescenza di un male inesorabile, a Puteaux, presso Parigi, dove s’era ritirato per comporre altri lavori destinati ad essere rappresentati al “5. Carlo” di Napoli.